Teatro

Livia Pomodoro: 'Il teatro No'hma appartiene a tutti, è un bene comune'

Livia Pomodoro: 'Il teatro No'hma appartiene a tutti, è un bene comune'

Il teatro No'hma di Milano, da sempre attento ai temi sociali, quest'anno ha dedicato particolare attenzione a quelli legati alla nutrizione e alla terra: abbiamo intervistato la direttrice Livia Pomodoro, noto magistrato che dirige anche il Centro mondiale per il diritto al cibo.

Livia Pomodoro ha raccolto l’eredità spirituale della sorella gemella Teresa, fondatrice venti anni fa dello spazio culturale e scomparsa nel 2008. Magistrato di lungo corso, ha ricoperto importanti incarichi istituzionali ma sempre con una costante attenzione verso l’arte (è la cugina di Arnaldo Pomodoro) e le tematiche sociali, alle quali oggi dedica tutte le sue energie.

Quest’anno il No’hma, che ha anticipato di molto i temi dell’Expo 2015, con la rassegna dal titolo “L’unità sospesa” si propone in una veste insolita: oltre alla premiazione ed alla rappresentazione delle migliori opere pervenute e presentate al pubblico, offre una vera e propria stagione composta da una selezione degli spettacoli, anche musicali, che verranno portati in scena due volte al mese (per il cartellone completo, invitiamo a consultare il sito del teatro su questo link).

La stagione teatrale del No’hma 2014/2015 dà ampio spazio ad argomenti collegati con i temi dell’Expo 2015. Ci può sintetizzare questo anno, non ancora concluso, di attività culturali?

La kermesse di quest’anno è un omaggio al festival dell’inclusione che avrà anche un premio della giuria popolare; coloro i quali vogliono partecipare alla votazione si dotano del «passaporto della cultura» su cui viene apposto un timbro ad ogni spettacolo. Totalizzando un numero superiore a sei presenze, lo spettatore è ammesso alla votazione, ed il vincitore si aggiudicherà una scultura di Ramus donata da un suo collezionista. Per il Premio Internazionale “Teatro Nudo”, esistente già da diversi anni, la cui giuria è composta da autorevoli nomi del mondo del teatro internazionale, il vincitore si aggiudicherà invece un’opera dello scultore Kengiro Azuma (“L’ultimo dei kamikaze”, n.d.r.) grande amico di mia sorella Teresa.

Il Teatro da sempre si occupa di tematiche sociali, degli esclusi, e cerca di legare il tema della giustizia a quello della cultura. Come si fa a fare giustizia con la cultura?

Le relazioni tra gli uomini sono proprio l’argomento principale del festival dell’inclusione, ed il tema della giustizia è trasversale a quello sociale. Io ho sempre fatto il giudice, e mi sono ritrovata per caso a dirigere il teatro in quanto è venuta a mancare mia sorella Teresa. Non volevo che il suo patrimonio artistico e spirituale si disperdesse.

Attenzione al sociale ma con spettacoli di grande qualità, e soprattutto ad ingresso gratuito.

Assolutamente ad ingresso gratuito, perché il No’hma appartiene a tutti in quanto la cultura è un bene comune, non appartenente ad una élite. Una civiltà con una cultura elitaria sarebbe destinata alla morte certa.

Lei è stata Presidente del Tribunale di Milano e di quello per i Minorenni, ma ha sempre conservato una forte tensione verso l’arte. Qual è il valore aggiunto che la sua esperienza di magistrato ha portato nel suo incarico di direttrice di teatro, e viceversa cosa di questa esperienza ha arricchito quella del giudice?

Il valore aggiunto è soprattutto quello che il teatro ha portato nella mia lunga esperienza di operatore della giustizia. Sono sempre stata un giudice anomalo ed ho avuto molto a cuore l’umanità e la sofferenza degli altri, ma ho anche cercato di costruire momenti di coesione e pacificazione nel mio ambito lavorativo. Il teatro ha un rigente molto più ampio della giustizia terrena, e mi è stato di grande aiuto per comprendere che bisogna andare oltre.

Restando sul tema della giustizia, lei oggi è presidente del neonato Centro Mondiale per il diritto la cibo e al futuro. Secondo la FAO quasi 1 miliardo di persone non hanno cibo. Quali regole del gioco dell’alimentazione, a suo avviso, vanno immediatamente riviste, in considerazione anche del fatto che della fame nel mondo se ne parla da tanto tempo?

Credo che siano da rivedere gli elementi di maggiore discrasia tra chi ha molto e chi quasi niente, dunque, è necessario porre in essere un set di regole cui tutti paesi del mondo possono e devono attenersi.

Calato il sipario su Expo 2015, cosa farà Milano sul tema dell’accesso al cibo fino a Dubai 2020?

Intanto ha già prodotto una carta, ossia un atto di impegno e sensibilizzazione, il cui preambolo è stato curato da me e verte proprio sul diritto al cibo. La nostra ambizione è quella di passare ad un piano d’azione concreto che, per esempio, possa veder sorgere nella città una casa dei diritti, in particolare dei diritti universali, tra cui il più importante è quello all’alimentazione ed è molto spesso quello più violato. È un lavoro molto complesso che vedrà una tappa intermedia nel 2018 in Kazakistan per poi arrivare a Dubai il cui tema verterà sulla tecnologia e l’innovazione, elementi importanti nella lotta contro la fame.